“Uso Call of Duty per parlare con i miei cari rimasti in Iran”: il trucco per sfuggire al regime - Il Riformista

2023-02-16 15:46:30 By : Mr. Raphael Zeng

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Alcuni iraniani residenti in Inghilterra hanno raccontato delle difficoltà che devono affrontare mentre le proteste continuano nella loro patria: dall’uso di Call of Duty per parlare con i parenti e dalla paura, se scoperti dal regime, di perdere i propri mezzi di sussistenza. Un barbiere di Birmingham ha affermato di aver usato il gioco per comunicare con i suoi cugini dopo diffuse interruzioni di Internet. Gli fa eco un ristoratore teme di dover chiudere perché i suoi clienti iraniani hanno smesso di cenare fuori.

I disordini in Iran sono stati innescati dalla morte di Mahsa Amini avvenuta mentre era in custodia delle forze dell’ordine. La 22enne è stata arrestata dalla polizia morale a settembre per aver indossato l’hijab in maniera non appropriata ed è entrata in coma poco dopo essere stata rinchiusa in un centro di detenzione. Dalla sua morte, avvenuta tre giorni dopo, il paese ha assistito a un’ondata di proteste a livello nazionale contro il regime che ha causato centinaia di morti, mentre la famiglia all’estero può solo assistere impotente.

Un barbiere che vive in un quartiere a sud di Birmingham ha detto alla Bbc di aver utilizzato la modalità online del famoso gioco di guerra Call of Duty per sentire le condizioni ed avere aggiornamenti sulla salute della sua famiglia che attualmente vive in Iran: “Mi sento davvero triste. Mi viene l’ansia, dimentico tutto. Non riesco a mangiare molto bene. Non posso uscire. Non posso fare niente”, ha detto. “Vengo al lavoro – continua preoccupato -, mi faccio la doccia e praticamente non faccio niente. Come un uomo morto che lavora da qualche parte”. Lui ha avuto esperienze dirette e traumatiche della brutalità del regime iraniano. Ventitré anni fa, prima di venire nel Regno Unito, ha detto di essere stato messo in una cella e alla fine picchiato 80 volte dopo che i funzionari lo avevano fermato per strada e avevano scoperto che aveva bevuto alcolici.

Uno dei clienti del barbiere, anch’egli nato in Iran, ha affermato che l’impossibilità di parlare con i propri cari ha influito anche sulla sua salute: “È davvero difficile, davvero doloroso”, ha detto. “Non riesco a concentrarmi – prosegue -, non riesco a lavorare, non riesco a dormire, non posso stare a casa, perché quando sto a casa, controllo costantemente le notizie su Instagram. Stai assistendo a qualcosa per cui non puoi fare nulla e ti sta distruggendo da dentro e fuori.”

Anche il ristoratore Omid Garoosi, comproprietario di un ristorante in un quartiere ad ovest di Birmingham, crede che i disordini gli abbiano fatto perdere migliaia di entrate, e ora gli incassi sono crollati da circa 2mila sterline al giorno a circa 100 sterline. La mancanza di guadagni lo ha lasciato indietro di mesi con l’affitto e ha portato il suo ristorante sull’orlo della chiusura, sostiene. Prima dei disordini, la maggior parte dei clienti che venivano nel suo locale erano nati in Iran: “Sono tutti molto tristi in questo momento”, ha detto. “Non vogliono venire al ristorante e mostrare che stiamo facendo una vita normale. Vogliono dire ‘siamo con il popolo iraniano. Non andiamo da nessuna parte, stiamo solo protestando'”. Garoosi ha anche affermato di aver ricevuto minacce quando ha cercato di organizzare eventi per celebrare eventi come Halloween o la Coppa del Mondo: “Non ho decorato il mio negozio per Halloween perché se l’avessi fatto le persone mi avrebbero urlato contro, mi avrebbero insultato”.

In centinaia sono stati uccisi e migliaia sono stati arrestati durante le proteste scoppiate in Iran quattro mesi fa. Quattro giovani sono stati giustiziati mentre altre 18 persone sono state condannate a morte in quello che i gruppi per i diritti umani descrivono come un “processo farsa gravemente iniquo”. Le autorità hanno liquidato i disordini come “rivolta” e hanno lanciato una violenta repressione. Almeno 481 manifestanti sono stati uccisi dalle forze di sicurezza, secondo Iran Human Rights, un’organizzazione non governativa con sede in Norvegia.

C’è anche la storia di un’interprete che vive, come gli altri che hanno lasciato la loro testimonianza all’emittente inglese, nella città delle West Midlands da quasi 50 anni che ha affermato di aver ricevuto minacce per aver pubblicato immagini felici sui social media: “Ci sono fanatici che pensano che non dovresti fare una festa, non dovresti festeggiare il tuo compleanno, non dovresti fare niente perché la gente sta morendo in Iran”, ha detto. “Quando fai una festa a casa non puoi condividerla su internet. Quando ho condiviso immagini e taggato amici, ho avuto ogni sorta di abuso nei messaggi. La gente dice che sono egoista, non mi interessa quello che sta succedendo”.

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Il Riformista è una testata edita da Romeo Editore srl - PIVA 09250671212 e registrata presso il Tribunale di Napoli, n. 24 del 29 maggio 2019 - ISSN 2704-8039